Lavoro e coronavirus: 3 milioni di italiani fermi per decreto, altri 3,6 milioni rischiano

Le misure straordinarie hanno creato classi opposte di lavoratori: ci sono quelli obbligati a fermarsi, quelli che lavorano in settori messi a dura prova come il turismo e quasi 8 milioni che erogano beni e servizi essenziali

Tre milioni di lavoratori messi all’improvviso a casa dalle restrizioni imposte dalla lotta contro il coronavirus e altri 3,6 milioni che sono occupati in settori a “rischio cusura”.

E’ il conteggio che hanno fatto alla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro per verificare l’impatto (enorme) delle misure adottate dal governo. Secondo la ricognizione, ammonta a circa 3 milioni (il 13,2% del totale degli occupati) la quota dei lavoratori che si son ritrovati, da un giorno all’altro, a casa per via dei provvedimenti adottatati dal Governo nell’ultima settimana, per far fronte all’emergenza sanitaria da Covid-19. E di questi “un milione sono autonomi, mentre 1,9 milioni dipendenti (per lo più addetti alle vendite)”.

Intanto, mentre sono ancora tante le persone impegnate per garantire servizi essenziali, 3,6 milioni (16% del totale) sono occupati in settori “a rischio chiusura”. Si tratta di quelli minacciati dal crollo della domanda o da uno stallo dei servizi senza precedenti, come turismo (372 mila occupati in servizi di alloggio e agenzie), intermediazione immobiliare (149 mila), costruzioni (1,3 milioni) e alcune attività professionali, soprattutto di tipo tecnico. Di questi, 1,3 milioni sono lavoratori autonomi che giorno dopo giorno devono decidere se chiudere o proseguire l’attività destreggiandosi tra congedi, ferie e permessi, e 2,3 milioni dipendenti in questi settori, che oltre alla paura del contagio hanno quella di perdere il lavoro.

A fronte di chi resta a casa “per decreto”, e di quelli che rischiano di restarci loro malgrado, ci sono 7,9 milioni di lavoratori (35,2% degli occupati) che non possono fermarsi, in quanto impegnati ad erogare beni e servizi essenziali per la collettività. Tra questi: medici e infermieri (1 milioni 320 mila occupati nell’assistenza sanitaria), ma anche forze dell’ordine e dipendenti delle P.A. (1 milione 243 mila), insegnanti e docenti universitari che da casa garantiscono continuità formativa (1 milione 587 mila), servizi pubblici essenziali (erogazione energia, gas, acqua, pulizia e raccolta rifiuti) e tante altre attività private: il commercio, il credito, l’informazione.

L’incertezza – conclude lo studio – governa anche gli 8 milioni (35,6%) di occupati in settori per lo più manifatturieri e di servizio alle imprese, dove l’impatto dell’emergenza Coronavirus è stato meno devastante, ma comunque forte.